La nostra storia
Amore senza frontiere
L'Associazione Oasi dell'Accoglienza ONLUS è stata fondata nel 1992 da Maria Chiera e un gruppo di amici per accogliere gratuitamente malati di talassemia, leucemia e altre patologie, con necessità di trapianto di midollo osseo e terapie intensive.
Lungo il cammino, l'Oasi si è fatta inoltre carico di nuovi bisogni emergenti, promuovendo l'educazione alla mondialità, la difesa dei diritti umani e la dignità della donna contro ogni forma di violenza, attraverso progetti socioculturali nazionali e internazionali.
Luogo verde d'incontro e comunione tra i popoli, l'Oasi è una vera e propria "famiglia di famiglie". Lingue, culture, religioni diverse siglano, al di là delle comuni barriere, patti d'amicizia solidale e d'aiuto fraterno.
L'accoglienza all'Oasi è totalmente gratuita grazie al sostegno di chi condivide questo cammino di solidarietà e grazie alla disponibilità e all'impegno di volontari.
Maria Chiera
Per comprenderlo appieno e trovare le sue origini,
bisogna andare a Torino, circa 25 anni fa.
Maria Chiera, la futura fondatrice dell'Oasi dell'Accoglienza,
viveva nel capoluogo piemontese, dove era impiegata presso la casa editrice UTET, occupandosi di lavoro e di volontariato con uguale dedizione. Il percorso che l'avrebbe portata nel giro di alcuni anni a trovare la propria vocazione, è accidentato e segnato
da alcuni fondamentali eventi e incontri. La vita di Maria era sempre stata ricca di impegno, di ricerca, di domande spesso senza risposta sul significato profondo dell'esistenza, dell'amore e della sofferenza. L'evento decisivo e che determinò una prima svolta fu la nascita del nipote Maurizio, affetto da talassemia.
Da ogni parte le veniva consigliato di recarsi all'ospedale di Pesaro, presso il reparto di Ematologia allora diretto
dal professor Guido Lucarelli, il medico che fu tra i pionieri della tecnica di trapianto di midollo osseo per la cura delle malattie
neoplastiche del sangue e della talassemia.
Durante la permanenza a Pesaro, Maria conobbe da vicino il
duro e faticoso cammino che dovevano affrontare le famiglie dei
bambini talassemici.Venivano da ogni parte d'Italia e del mondo,
spesso da molto lontano, Iran, Iraq, Palestina, Libano, India...
Oltre a vivere il dramma della malattia, le famiglie, costrette a
trasferirsi per parecchio tempo all'estero, dovevano far fronte a
spese molto alte e pativano il forte disagio della lontananza dal loro Paese di origine, dello sradicamento, della mancanza di punti di riferimento. Non conoscevano l'italiano e spesso neppure l'inglese, cosa che rendeva difficile anche comprendere le indicazioni da parte dei medici.
Nonostante l'accoglienza ospedaliera fosse molto premurosa,
non era totalmente in grado di procurare una soluzione adeguata per rendere meno gravosi i lunghi mesi passati in
Italia per le cure che un trapianto richiede. Di ritorno a Torino,
Maria ripensò a lungo ai giorni appena vissuti, ricordando soprattutto i bambini con i loro gesti e i loro sguardi,
e sentendo crescere dentro di sé una insistente inquietudine.
permanenze in comunità religiose e non, Maria percepì con chiarezza, lo confesserà lei stessa, che per essere pienamente felice doveva lasciarsi "disturbare" dagli altri.
I volontari
stupore nell'accorgersi di aver ricevuto più di quanto non siano riusciti a dare...sempre che i concetti di "dare" e "avere" abbiano un senso in questo contesto.